IL FILO ROSSO DELL’IMPEGNO PER LA LEGALITÀ

Con David Gentili (di spalle) e Piera Fossati

A diciotto anni ho letto Storie di boss ministri tribunali giornali intellettuali cittadini e Delitto imperfetto, due bellissimi libri di Nando dalla Chiesa. Poco dopo, le stragi di Capaci e via D’Amelio hanno definitivamente segnato il mio progetto di vita. Mi sono iscritto alla facoltà di filosofia e oggi sono insegnante di liceo, al Setti Carraro dalla Chiesa, dove sono anche refrente d’istituto per l’educazione civica. 

Interrogarmi sui fondamenti di ciò che è giusto e ciò che è ingiusto e coinvolgere ragazze e ragazzi in questa ricerca è sempre stato e continua a essere il mio sogno educativo. Farlo significa imparare con loro a impegnarmi sempre di più per realizzare il dettato costituzionale, contro ogni sopruso e prepotenza, in primo luogo quelli delle mafie. 

Da quando ho cominciato a lavorare nella scuola, infatti, oltre che di filosofia e di storia, mi sono sempre occupato anche di educazione alla cittadinanza, ricoprendo generalmente ruoli di coordinamento del lavoro collegiale. La finalità dei progetti che ho proposto, condiviso e attuato con i colleghi è sempre stata in primo luogo quella di far sperimentare alle ragazze e ai ragazzi che si può realizzare, insieme, il bene della comunità scolastica, mediante un uso competente e responsabile del metodo democratico, sia nelle assemblee sia nell’esercizio dei vari ruoli di rappresentanza negli organi collegiali (compiti per i quali c’è bisogno di preparazione). Conoscere i propri diritti e i propri doveri e realizzarli insieme, in una cittadinanza attiva ispirata dalla profonda interiorizzazione dei principi costituzionali, è infatti il “vaccino” più efficace contro le mafie e il prevalere dell’interesse di pochi prepotenti su quello dei molti membri di una comunità politica. 

Ma per combattere le mafie bisogna anzitutto conoscerle. Per questo ho elaborato assieme al Coordinamento delle Scuole Milanesi per la Legalità e la Cittadinanza Attiva la proposta di introdurre il tema del ruolo delle mafie nella storia italiana tra gli obiettivi specifici di apprendimento di storia (almeno) del quarto e quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado. La proposta, fatta propria da Libera, è stata presentata al Miur e alla Presidenza della Commissione parlamentare antimafia ed è stata oggetto di una risoluzione votata all'unanimità da Regione Lombardia, su proposta di Gian Antonio Girelli, il 10 maggio 2016. È vero, il tema della memoria civile e dell’impegno contro le mafie è stato inserito fra i “contenuti” dell’educazione civica (per la reintroduzione della quale mi sono battuto, organizzando anche, con il Pd di Milano metropolitana, un seminario con il professor Luciano Corradini). Ma non basta. È infatti necessario implementare le conoscenze storiche e gli strumenti di analisi delle studentesse e degli studenti invitandoli a studiare davvero un aspetto per lo più ignoto della nostra storia e obbligando gli editori a integrare i manuali, nei quali il tema della mafia è generalmente trattato in modo superficiale, spesso limitatamente alla stagione delle stragi. 

Anche il mio impegno nel Partito democratico è stato segnato da questa ispirazione. Non appena, nel 2009, Pierfrancesco Majorino e David Gentili (assieme a Enrico Fedrighini e Basilio Rizzo) diedero vita la Comitato antimafia dei consiglieri comunali, entrai a fare parte del gruppo di iscritte e iscritti che li affiancarono, per estendere il loro impegno a tutto il Partito e, in sinergia con le forze dell’antimafia sociale, a tutta la società milanese. Quel gruppo costituì il nucleo originario di quello che è oggi il Dipartimento legalità del Pd di Milano metropolitana (di cui sono il responsabile), assieme al quale, negli anni, abbiamo ideato e realizzato otto corsi, rivolti prevalentemente ai nostri amministratori pubblici (l’ultimo si è svolto tra aprile e maggio di quest’anno), dedicati alla mappatura delle organizzazioni mafiose sul territorio di Milano metropolitana (e al Nord, più in generale), alle loro modalità di penetrazione nella società e nell’economia legale, ma soprattutto agli strumenti tecnico-amministrativi più efficaci per contrastarne la strategia di conquista, nella convinzione che solo amministratori avvertiti e preparati possano fronteggiare un nemico tanto agguerrito, organizzato e subdolo. 
Quei corsi hanno dato spunti significativi a donne e uomini delle Istituzioni, che sono stati o sono tuttora protagonisti di esperienze amministrative importanti in territori delicati (Maria Ferrucci a Corsico, o Fabio Bottero a Trezzano sul Naviglio, oggi Coordinatore regionale di Avviso Pubblico) e sono stati la base per creare connessioni importanti per lo scambio di informazioni e buone pratiche. 
Su stimolo della Segreteria metropolitana, assieme al Dipartimento ho contribuito a elaborare un documento che detta “Nuove norme per la legalità e la trasparenza” per tutti coloro che si candidano nelle liste del Partito. Si tratta di impegni ulteriori rispetto a quelli previsti dal codice etico del Pd, dalla Carta di Avviso Pubblico e, per certi aspetti, anche dal Codice di autoregolamentazione delle candidature elaborato dalla Commissione parlamentare antimafia. In particolare, l’impegno, da parte di ogni candidato o amministratore, a denunciare “qualsiasi atto intimidatorio o tentativo di corruzione subisca in campagna elettorale o (...) durante lo svolgimento del proprio mandato” e “qualsiasi situazione personale che possa condizionare l’attività del Partito o lederne l’immagine pubblica, ivi compresa la mera notizia del proprio coinvolgimento, anche non a titolo di indagato, in indagini o procedimenti penali”. Perché la politica deve arrivare prima della magistratura. O ancora, per quanto riguarda la trasparenza dei finanziamenti, l’impegno a rendere noto ognuno di essi (fonte, entità e utilizzo), oltre che nella rendicontazione finale, già nel corso della campagna elettorale (controllatemi seguendo l’hashtag #PDtrasparente su Facebook, Twitter e Instagram e cercando i miei profili social).




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